Fra i fiori tropicali, fra grida di dolcezza
la lenta lieve brezza scivolava.
E piano poi portava fischiando fra la rete
l'odore delle sete e della spezia.
Leone di Venezia, leone di S. Marco,
l'arma cristiana è al varco dell'oriente.
Ai porti di ponente il mare ti ha portato
i carichi di avorio e di broccato.
Le vesti dei mercanti trasudano di ori,
tesori immani portano le stive.
Si affacciano alle rive
le colorate vele,
fragranti di garofano e di pepe.
Trasudano le schiene,
schiantate dal lavoro,
son per terra mirra, oro e incenso.
Sembra che sia nel vento
su fra la palma somma
il grido del sudore e della gomma.
E l'Asia par che dorma,
ma sta sospesa in aria
l'immensa millenaria sua cultura.
I bianchi e la natura
non possono schiacciare
i Buddha, i Chela, gli uomini ed il mare.
Leone di S. Marco, leone del Profeta,
ad est di Creta corre il tuo vangelo.
Si staglia contro il cielo
il tuo simbolo strano
la spada, e non il libro hai nella mano.
Terra di meraviglie,
terra di grazie e mali,
di mitici animali da "bestiari".
S'arriva dai santuari
fin sopra all'alta plancia
il fumo della Ganja e dell'incenso.
E quel profumo intenso
è rotta di gabbiani:
segno di vani simboli divini.
E gli uccelli marini
additano col volo
la strada del Katai per Marco Polo.